lunedì 21 aprile 2008

U' SIN'C D STU PAIS

Ad Agosto 2002 abbiamo riaperto il sipario con “U’ Sin’c d’stu pais”, altro grande evento della nostra “storia”. Oltre duemila spettatori in tre serate, un pubblico entusiasta e divertito, applausi scroscianti. Resteranno nella memoria di ognuno di noi l’emozioni provate dinanzi ad un pubblico incredulo per le nostre inaspettate capacità. Scritta anch’essa dai nostri autori (a firma di Michele Mellone e Domiziano Lasigna), “U’ Sin’c d’stu pais” rappresenta il lavoro più impegnativo messo in scena dal nostro gruppo, sia per numero di attori sia per tempi di realizzazione. Questa commedia viene concepita come il proseguo della prima. I personaggi che popolano il palcoscenico sono gli stessi de “Il figlio del Mercante”. Questa volta ritroviamo Fortunato che nel frattempo è diventato Sindaco del suo paese. La famiglia è sempre composta da Donna Concetta, moglie di Fortunato, dall’ “estemporaneo” Chechele, dagli altri figli: Alfredo e Lucietta (personaggio non presente ne “Il figlio del Mercante”). Questa volta Cenzino, diventato il segretario personale di Fortunato sindaco, ricopre un ruolo “strategico”. È lui che da sostanza alla trama. Nel piccolo paese di cui Fortunato è sindaco viene bandito un concorso a funzionario comunale. Il “posto” è ambitissimo da più persone. Per questo, improvvisamente, la casa del sindaco diventa meta per i tanti “amici – nemici” che “pretendono” quell’occupazione. Inizia il segretario del partito di maggioranza, Don Ciccio Cacace, che pretende quel lavoro per suo figlio. Peppino Santabarbara è il segretario del partito di minoranza per cui vuole quel posto visto che ha ottenuto poco altro. In scena compaiono poi le “donne di Fortunato”: Titina una sua ex fiamma, la figlia del generale Sparafucile, la baronessa Clazo di trovara passante lama d’erchia, tutte interessate a far vincere illecitamente quel concorso a qualcuno di loro conoscenza. Cenzino, in qualità di segretario, presenzia tutti gli incontri. Intuisce l’intenzione di Fortunato di concedere quel posto al figlio di Cacace. In realtà a concorrere per quella poltrona vi è pure Arturo, fidanzato di Lucietta. Fidanzamento tenuto nascosto a Fortunato. Arturo è un ragazzo di sani principi, povero ma intelligentissimo. Non ha agganci politici quindi partecipa onestamente con tutto il carico di aspettative di un giovane che si affaccia sul mondo del lavoro. Cenzino conosce le trame sentimentali della giovane Lucietta, spesso ne parla con Donna Concetta. Per questo si impossessa della strategia illecita studiata da Fortunato e Don Ciccio Cacace e fingendosi “il manovratore” consiglia a tutti gli altri pretendenti di segnare allo stesso modo il compito del concorso. Il terzo atto comincia proprio con il responso del concorso. Tutti i pretendenti segnano il compito allo stesso modo. L’unico compito non segnato è quello di Arturo, quindi, la commissione corrotta, che attende di individuare “l’unico compito diverso”, assegna quella poltrona ad Arturo, promesso sposo di Lucietta. In questo momento emerge l’angoscia di Fortunato che per ovviare al misfatto decide di dimettersi da sindaco. Anche qui l’intervento di Don Isidoro risulta essere salvifico. La commedia si conclude con Arturo che rinuncia a quel lavoro, perché vincitore di una cattedra universitaria, e quel concorso che cade per essere poi ripetuto seguendo tutti i crismi di una liceità amministrativa. Qui condanniamo la tanto “odiata-cercata” raccomandazione. Non c’è concorso pubblico o esame o colloquio che prescinda dalla fatidica domanda in codice: “la chiave ce l’hai?”. Cioè, hai provveduto a cercare la raccomandazione? Questo è un tema particolare perché tratta un “costume” entrato ormai nel normale modo di intendere le cose. In quest’opera teatrale a vincere è la legalità, l’innocenza, l’intelligenza, forse i buoni sentimenti. Ma, nella vita, non è sempre così! La commedia di chiara impostazione comica consolida un percorso avviato. La realizzazione teatrale, in questa fase del nostro percorso, raggiunge livelli accettabili. Sono ormai due anni che recitiamo tutti insieme per cui l’intesa da palcoscenico è visibilissima. Questa è una trama complicata ma accattivante. Ci sono in realtà due storie che si intrecciano, producendo l’effetto sperato: catturare lo spettatore. “U sin’c d’ stu pais” rappresenta un punto di svolta! In questa fase ci riconosciamo gruppo; uniti da una passione per la recitazione. Proprio in quelle sere annunciamo al pubblico la volontà di diventare associazione. Ufficializziamo l’idea di istituzionalizzare il nostro gruppo, il nostro stare insieme. Da qui parte il percorso documentale e burocratico della nascente associazione che ci ha impegnati non poco in quei mesi.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Rivedere la foto che avete messo nel blog mi fa tornare a quel periodo e non vi nascondo che un po' di rammarico mi accompagna per non essere più dei vostri. Vi stimo tanto e vi accompagno con l'affetto e l'amicizia di sempre.
Vito