giovedì 24 aprile 2008

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Il tuo 5 per mille a LUCE&SALE !!
Anche quest'anno puoi decidere a chi destinare il 5 per mille della tua imposta.
A te non costa nulla, per la nostra associazione è un gesto importante.
Da ormai 6 anni LUCE&SALE lavora concretamente nel nostro comune e sul territorio per il suo sviluppo socio-culturale.
Scegli la cultura, scegli il teatro, scegli il commercio equo&salidale, scegli la difesa della Vita, scegli LUCE&SALE.
Sulla tua dichiarazione dei redditi scrivi il codice fiscale
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Cos’è Luce&Sale?
Luce&Sale è un’ ASSOCIAZIONE SOCIO-CULTURALE DI ISPIRAZIONE CRISTIANA E SOCIALE CON CARATTERE ASSOLUTAMENTE APARTITICO, nata dall’idea di un gruppo di giovani del paese che ha sperimentato l’esasperante necessità di realizzare attività volte a coinvolgere le intelligenze palagianesi e capaci di catturare l’interesse della popolazione tutta.

Perché questo nome?
Luce&Sale è il frutto della GMG svoltasi a Roma nell’agosto 2000. Gran parte del gruppo dei fondatori ha preso parte a quella Giornata Mondiale dei Giovani e, accogliendo l’invito di Giovanni Paolo II ad “essere luce del mondo e sale della terra”, ha maturato la scelta di rendere concreta tale proposta attraverso la costituzione dell’associazione.

Qual è il suo fine?Il fine di “Luce&sale” è quello di portare una testimonianza concreta degli ideali CRISTIANI, nei quali i fondatori si riconoscono, attraverso opere che si esplicano in uno specifico canale sociale, suddividendo la propria attività in settori operativi:

  • Operare nel settore del commercio equo solidale, con la costituzione di una bottega-esposizione;
  • Promuovere e sostenere iniziative che abbiano come argomento centrale la tematica della difesa della vita dal suo concepimento alla sua naturale estinzione;
  • Costituire nel suo interno una compagnia teatrale con nome “Compagnia del Teatro Palagianese” intenta ad allestire spettacoli teatrali;
  • Programmare e realizzare iniziative culturali di vario genere che coinvolgano l’intera cittadina, le varie associazioni e istituzioni tutte, in un programma di interscambio culturale.
Come donare il mio 5 per mille a LUCE&SALE?
Sul tuo modulo di dichiarazione dei redditi, nello spazio dedicato alla scelta del 5 pedr mille:
  • metti la tua firma nel primo riquadro (sostegno volontario e non profit)
  • ricordati di inserire anche il codice fiscale di LUCE&SALE

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lunedì 21 aprile 2008

Io Francesco, il recital.

Sabato 3 luglio 2004 abbiamo presentato Io, Francesco", scritto e diretto da Domiziano Lasigna; con musiche di Francesco e Marco Orsini. “Io, Francesco” è la rappresentazione degli scritti su Francesco. E’ un recital. Un intreccio di testi recitati, canti e balletti che descrivono l’incontro di Francesco con i frati insieme ai quali diede vita all’ordine dei frati francescani. Lo spettacolo non si propone di raccontare la vita di Francesco, I fioretti di Messere Francesco rappresentano un pretesto teatrale per offrire spunti di riflessione che toccano argomenti come pace, fratellanza, umiltà, amore verso i più deboli. Ma anche il coraggio di scelte estreme, la dimensione dell’anticonvenzionale che spesso non è sinonimo di disprezzo delle regole del mondo ma molto più semplicemente reinterpretazione delle stesse in una chiave più personalista. Ciò che, in realtà, accade a Francesco e che viene descritto magnificamente ne “I fioretti”.

Noi figli del '900

Nella presentazione ufficiale dell'Associazione alla comunità palagianese (3 Novembre 2002) abbiamo recitato Noi figli del '900 di Domiziano Lasigna. Un testo costituito dall'intreccio di voci. il dramma della "voce" di un vecchio del 900 che si confronta con la "voce" di un giovane. voci che si incontrano e che si scontrano su un tappeto musicale che regala fascino alle parole.

MANC' MUORT

Il primo spettacolo scritto e realizzato dalla Compagnia del Teatro Palagianese è stato Manc’ Muort commedia in semivernacolo in due atti (a firma di Domiziano Lasigna e Michele Mellone). Questo è la prima opera che rientra nell’attività del ramo teatrale Luce&Sale pur essendo il terzo lavoro che esiste il gruppo.




Manc’ Muort si basa su di serie di incredibili equivoci! Una lettera nascosta in casa del protagonista, da sua moglie Angelina, solo per fare una cortesia ad una vicina di casa: Rosarietta, inducono Antonio, calzolaio del paese, a credere che sua moglie Angelina lo tradisca con la complicità di C’nzella sua madre, da sempre contraria al legame ormai consolidato che lega sua figlia Angelina al marito Antonio. L’atroce sospetto che grava sulla povera moglie porta l’ormai esasperato Antonio a seguire il consiglio di Peppino, l’amico di sempre, Il quale gli propone di fingersi morto e di provare così, durante la veglia funebre, l’eventuale infedeltà di Angelina. Il secondo atto si apre con Peppino e Antonio che preparano la morte, pattuendo, anche con il becchino che si occuperà della finta salma, quello che sarà detto durante la veglia funebre. Angelina, di ritorno da una gita parrocchiale al presepe dei miracoli, trova il marito morto e i compari che già lo piangono. Nel piccolo paesetto le voci si spandono fulminee, perciò ecco che attorno al letto presto giungono diversi personaggi: le due comare pettegole, il fioraio, il panettiere, il cavaliere degli Arcibaldi. Tutti raccontano tra pianti, lamenti e nenie le vicende di vita del povero Antonio. Ne nasce quasi un dibattito che si conclude con la spaventosa sorpresa: Antonio in realtà è vivo!

U' SIN'C D STU PAIS

Ad Agosto 2002 abbiamo riaperto il sipario con “U’ Sin’c d’stu pais”, altro grande evento della nostra “storia”. Oltre duemila spettatori in tre serate, un pubblico entusiasta e divertito, applausi scroscianti. Resteranno nella memoria di ognuno di noi l’emozioni provate dinanzi ad un pubblico incredulo per le nostre inaspettate capacità. Scritta anch’essa dai nostri autori (a firma di Michele Mellone e Domiziano Lasigna), “U’ Sin’c d’stu pais” rappresenta il lavoro più impegnativo messo in scena dal nostro gruppo, sia per numero di attori sia per tempi di realizzazione. Questa commedia viene concepita come il proseguo della prima. I personaggi che popolano il palcoscenico sono gli stessi de “Il figlio del Mercante”. Questa volta ritroviamo Fortunato che nel frattempo è diventato Sindaco del suo paese. La famiglia è sempre composta da Donna Concetta, moglie di Fortunato, dall’ “estemporaneo” Chechele, dagli altri figli: Alfredo e Lucietta (personaggio non presente ne “Il figlio del Mercante”). Questa volta Cenzino, diventato il segretario personale di Fortunato sindaco, ricopre un ruolo “strategico”. È lui che da sostanza alla trama. Nel piccolo paese di cui Fortunato è sindaco viene bandito un concorso a funzionario comunale. Il “posto” è ambitissimo da più persone. Per questo, improvvisamente, la casa del sindaco diventa meta per i tanti “amici – nemici” che “pretendono” quell’occupazione. Inizia il segretario del partito di maggioranza, Don Ciccio Cacace, che pretende quel lavoro per suo figlio. Peppino Santabarbara è il segretario del partito di minoranza per cui vuole quel posto visto che ha ottenuto poco altro. In scena compaiono poi le “donne di Fortunato”: Titina una sua ex fiamma, la figlia del generale Sparafucile, la baronessa Clazo di trovara passante lama d’erchia, tutte interessate a far vincere illecitamente quel concorso a qualcuno di loro conoscenza. Cenzino, in qualità di segretario, presenzia tutti gli incontri. Intuisce l’intenzione di Fortunato di concedere quel posto al figlio di Cacace. In realtà a concorrere per quella poltrona vi è pure Arturo, fidanzato di Lucietta. Fidanzamento tenuto nascosto a Fortunato. Arturo è un ragazzo di sani principi, povero ma intelligentissimo. Non ha agganci politici quindi partecipa onestamente con tutto il carico di aspettative di un giovane che si affaccia sul mondo del lavoro. Cenzino conosce le trame sentimentali della giovane Lucietta, spesso ne parla con Donna Concetta. Per questo si impossessa della strategia illecita studiata da Fortunato e Don Ciccio Cacace e fingendosi “il manovratore” consiglia a tutti gli altri pretendenti di segnare allo stesso modo il compito del concorso. Il terzo atto comincia proprio con il responso del concorso. Tutti i pretendenti segnano il compito allo stesso modo. L’unico compito non segnato è quello di Arturo, quindi, la commissione corrotta, che attende di individuare “l’unico compito diverso”, assegna quella poltrona ad Arturo, promesso sposo di Lucietta. In questo momento emerge l’angoscia di Fortunato che per ovviare al misfatto decide di dimettersi da sindaco. Anche qui l’intervento di Don Isidoro risulta essere salvifico. La commedia si conclude con Arturo che rinuncia a quel lavoro, perché vincitore di una cattedra universitaria, e quel concorso che cade per essere poi ripetuto seguendo tutti i crismi di una liceità amministrativa. Qui condanniamo la tanto “odiata-cercata” raccomandazione. Non c’è concorso pubblico o esame o colloquio che prescinda dalla fatidica domanda in codice: “la chiave ce l’hai?”. Cioè, hai provveduto a cercare la raccomandazione? Questo è un tema particolare perché tratta un “costume” entrato ormai nel normale modo di intendere le cose. In quest’opera teatrale a vincere è la legalità, l’innocenza, l’intelligenza, forse i buoni sentimenti. Ma, nella vita, non è sempre così! La commedia di chiara impostazione comica consolida un percorso avviato. La realizzazione teatrale, in questa fase del nostro percorso, raggiunge livelli accettabili. Sono ormai due anni che recitiamo tutti insieme per cui l’intesa da palcoscenico è visibilissima. Questa è una trama complicata ma accattivante. Ci sono in realtà due storie che si intrecciano, producendo l’effetto sperato: catturare lo spettatore. “U sin’c d’ stu pais” rappresenta un punto di svolta! In questa fase ci riconosciamo gruppo; uniti da una passione per la recitazione. Proprio in quelle sere annunciamo al pubblico la volontà di diventare associazione. Ufficializziamo l’idea di istituzionalizzare il nostro gruppo, il nostro stare insieme. Da qui parte il percorso documentale e burocratico della nascente associazione che ci ha impegnati non poco in quei mesi.

IL FIGLIO DEL MERCANTE

Il figlio del Mercante” narra la storia di Alfredo studente di medicina di un college inglese. Alfredo annuncia tramite telegramma il ritorno a casa, in Italia, in occasione del suo compleanno. La sua famiglia, perciò, è in fermento. La mamma, Donna Concetta, prepara una festa per l’arrivo del figlio chiedendo l’aiuto della salumiera del paese, Memena. Ad animare la scena ci pensa Chechele, figlio scemotto della coppia e fratello d'Alfredo. In scena si alternano vari personaggi come Teresa che cerca di “sistemare” sua sorella Titina, non proprio avvenente, Cenzino amico balbuziente di Fortunato costretto a sorbirsi i sermoni sul figlio Alfredo, futuro medico del paese. La storia si accende improvvisamente quando Chechele, involontariamente, smaschera suo Fratello. Alfredo, in realtà, ha abbandonato da anni gli studi di medicina per intraprendere una carriera incerta di pittore emergente. E’ qui che comincia il dramma di Fortunato tradito ed umiliato. Come può raccontare alla “piazza” la drammatica novità? Si sente un “pulcinella tra la gente”. Fortunato è alla ricerca di consigli utili per risolvere il suo “dramma”: cacciare via suo figlio indegno o accettarne la scelta? Incontra perciò vari personaggi del suo paese: il professore onorevole Mustacchio, anzitutto; l’amico sacerdote Don Isidoro, poi. In cambio riceve consigli diversi e contrastanti che lo fanno precipitare in una vera e propria crisi esistenziale. Il dialogo con la sua coscienza (tradotto in un emozionante balletto) giunge risolutore. La coscienza gli dona la giusta dimensione dei legami affettivi. In questo momento decide di recuperare il legame con suo figlio Alfredo, comprendendo l’importanza delle scelte personali, delle vocazioni intime. Definendo conseguentemente l’inconsistenza delle aspettative spasmodiche dei genitori sui figli. Aspettative che spesso diventano pressioni che disorientano. La commedia ha un immancabile lieto fine, con la famiglia che si ricompone e con la consacrazione di Alfredo a pittore dell’anno. Con questa prima opera, allestita e realizzata per soli due giorni (nel dicembre 2000, e ripresa in marzo 2004 ottenendo una grande risposta di pubblico), abbiamo trattato un tema tanto caro a questa nostra generazione. Raccontiamo i rapporti tra figli geni, tutto fare, e genitori sempre più ossessivi ed insoddisfatti. In quest’opera i dialoghi in vernacolo centrano il loro obiettivo primario raccontando una realtà popolare, rispolverando espressioni “d’altri tempi”. Tuttavia conosciamo bene come il nostro vero scopo non sia quello di produrre spettacoli teatrali, ma di servirci della penna e del palcoscenico per affermare e divulgare principi condivisi.